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  I dolci siciliani:
  tra gastronomia e cultura.
 
 
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 DOLCI SICILIANI
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     DOLCI SICILIANI

          Un proverbio siciliano dice:
   "Tintu è cu nun mancia a cassata
  a matina ri Pasqua
"
  ("Meschino chi non mangia cassata
  la mattina di Pasqua").

   
   Introduzione.
   L’arte della pasticceria.
   
     
     

 
 
 
 
Pasticceria alla
mandorla


Giovanni Dall'Orto -
14 Ottobre 2008

 
 



d
a Wikimedia Commons

La pasticceria, che fa parte più in generale della gastronomia, è un'arte propria della tradizione culinaria d’Europa, anche se si è basata per secoli sull’importazione degli ingredienti specifici. Essa si è diffusa con la cultura europea, raggiungendo, ad esempio, le Americhe.
Essa ha un’origine antichissima, essendosi basata ai primordi sul succo zuccherino
derivato dalla frutta, dal mosto e soprattutto dal miele. Gli ingredienti venivano aggiunti agli alimenti, dandone una variante dolce.
Intorno all'anno 900 d.C., al miele si affianca lo zucchero di canna, importato come una delle tante spezie, che allora provenivano dai territori arabi. Con la scoperta delle Americhe, nel Cinquecento, lo zucchero da spezia diviene ingrediente, essendo molto più diffuso. E’ infatti, con la barbabietola da zucchero, facilmente coltivabile (a costi notevolmente minori), che l’Europa si affranca dalle importazioni, e sviluppando tutto il settore dolciario.

Nel mondo antico
Il moderno concetto di dolce non trova luogo in quella che era la cucina in epoca antica, in quanto allora si preferivano pietanze agrodolci, affumicate o agre. Esistono dei piccoli cenni che ci parlano di cibidove il miele è tra gli ingredienti principali. Cicerone, ad esempio, scrive di aver mangiato in Sicilia: “
un rotolo di pastella di farina, molto dolce, preparato con latte buono da mangiare,” La ricetta è simile all’odierno cannolo siciliano.
Sempre nell’antichità la frutta era cotta e ridotta a salsa od in omelette con il miele (un po’ come si fa oggigiorno nel mondo anglosassone)  Esistevano impasti di frutta secca e miele caramellato, datteri ripieni di noci o mandorle, marmellate e biscotti.
Nelle bevande oltre all’idromele, nei territori del nord Europa veniva prodotto e bevuto il vino di frutta, l’antenato dell’odierno sidro.

Nel periodo dell’alto Medievo
In periodo medievale il cibo dolce non era diffusissimo. Soprattutto esso era portato in tavola all’inizio dei banchetti e non come oggi alla fine. Questo in quanto si pensava che il dolce preparasse favorevolmente sia lo stomaco che lo spirito al pranzo che seguiva e verso i convitati.
Molti piatti nel medioevo erano derivati da quelli dell’antichità, ma, soprattutto, il cibo veniva visto anche in funzione simbolica, religiosa e mitologica. Il pane e il vino erano, naturalmente, legati alla passione di Cristo, come, ad esempio la frutta cotta sotto la brace, secondo antichi riti, stava a simboleggiare il risveglio, dopo il lungo inverno, del sole primaverile. Il pane, in particolare, aveva una posizione rilevante, a differenza del mondo antico, scarsamente considerato. Veniva aromatizzato con spezie o arricchito di miele, frutta secca, come uvetta o noci. Nascono in questo periodo il Panpepato, il Buccellato e il Pandiramerino, Non mancava mai d’essere presente nel pasto, e, potendo durare a lungo, era il cibo dei pellegrini e dei viandanti.
Tuttavia, non si deve pensare, però, che il pane fosse l’alimento dei poveri. Esso, arricchito con elementi dolci, non sempre comuni, era apprezzato nelle corti anche del nord Europa, dove i dolci erano stati importati dai Crociati di ritorno da Gerusalemme. Ma, anche, la dominazione araba della Sicilia, portò, risalendo la penisola italiana, alla scoperta della contemporanea pasticceria orientale. In particolare le nuove coltivazioni introdotte, come le arance, olo zucchero di canna, portarono alla confezione in Sicilia di nuove varianti e sapori, che rimarranno alla base della pasticceria isolana.

 
 
 
 

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