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La Sicilia e la stagione dello zolfo

Lo zolfo, minerale essenziale

Il bel sogno delle zolfare siciliane
L'incredibile storia delle zolfare
La questione degli zolfi
Vita in miniera
Le miniere di Riesi
Il Parco minerario Floristella-Grottacalda
Altre miniere di zolfo
La zolfara di Colle Madore ed il Mito
Pasquasia, miniera sì, ma diversa

Video sulle zolfare siciliane
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LE ZOLFARE SICILIANE

          Come per le tonnare, anche le
    zolfare raccontano la Sicilia
    all’avanguardia dell’Ottocento.
    Il mondo intero passava, allora, per
    le sue miniere. Terminata la stagione
    delle zolfare, rimangono bellissimi
    parchi museali di archeologia
    industriale. Una Sicilia, comunque,
    poco conosciuta.

   

     Il bel sogno delle zolfare
     siciliane

     
     

 
   

Foto di miniera abbandonata di zolfo a Cianciana (Agrigento)

Pinin)AG( - 10 novembre 2001
Foto da Wikimedia Commons

 




 Cosa abbia rappresentato lo zolfo per la Sicilia è poco conosciuto. Oggi l’attività estrattiva di questo minerale è quasi del tutto scomparsa. Eppure vi fu un periodo storico in cui la Sicilia rappresentò la maggiore produttrice di zolfo a livello mondiale. Le prime miniere nella Storia furono proprio quelle siciliane, a partire già dal XVII secolo. L’attività si diffuse rapidamente nell’isola, tanto che, nel 1820, lo zolfo siciliano raggiunse la quota di 378.000 tonnellate annue, che erano i 4/5 dell’intera produzione mondiale. L’esportazione interessava tutta l’Europa, ma anche gli  Stati Uniti d'America. Nel 1834, furono censite oltre 200 miniere operative in Sicilia.
L’area dell’isola che fu interessata dall’attività estrattiva fu quella centrale, la cosiddetta dai geologi: altopiano gessoso-solfifero. Essa comprendeva soprattutto le province di Enna (in particolar modo), di Caltanissetta ed Agrigento. Il fenomeno dello zolfo siciliano toccò pure, in parte, le province di Palermo e Catania.

Se, dati alla mano, il fenomeno zolfo in Sicilia ebbe un enorme importanza a livello mondiale, il suo limite fu lo stesso dell’attuale: le infrastrutture. C’erano nell’Ottocento tutti i presupposti per “un lieto fine”. Purtroppo, in Sicilia mancavano strade di comunicazione, mezzi meccanici, ferrovie e porti in grado di caricare lo zolfo su grosse navi mercantili. Il trasporto avveniva per lo più tramite grossi carri trainati da robusti cavalli. In queste condizioni lo zolfo siciliano aveva un costo di produzione elevato, mentre il mercato concorrenziale abbatteva i prezzi. Alla fine del secolo XIX, in pieno periodo Unitario, il sindaco di Catania, Tenerelli, denunciò la lentezza con cui si costruiva la Ferrovia della tratta Palermo-Catania (che attraversava la zona zolfifera interna). Cioè l’industria dello zolfo languiva. Che non fosse un problema solo politico lo dimostra il fatto che sia il sindaco di Catania, sia Robert Trewhella, che ottenne in subappalto la tratta fino a Villarosa (realizzata nel 1876), erano ambedue grossi imprenditori zolfiferi. Quando la tratta del Trewhella fu realizzata, si sbloccò in parte la situazione: Catania divenne il porto preferenziale per il carico del minerale, oltre allo sviluppo indiretto complessivo del porto stesso della città.
La cosa, però, non durò molto a lungo. Nell’ultimo decennio dell’Ottocento, la società Anglo-italiana dei Florio, che operava nel settore, dominandolo, spostò il carico dello zolfo a Porto Empedocle (“il porto di Agrigento”). Il motivo? I
costi erano inferiori. La decisione si ripercosse su Catania e tutta la sua area.

Il settore, effettivamente, registrò, a cavallo dei due secoli (XIX e XX secolo) un grande sviluppo, raggiungendo il suo picco massimo. Sta di fatto, che all’arrivo della concorrenza americana a basso prezzo (grazie al metodo
Frasch) l’industria dello zolfo siciliana, che aveva quei limiti strutturali, non riuscì a mantenere il passo.

 
 

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