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LA SICILIA SVEVA
 Bullet7blu.gif (869 byte) La successione di Tancredi
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Enrico VI al potere
 
Bullet7blu.gif (869 byte) Federico II  "Stupor mundi"
 
Bullet7blu.gif (869 byte) Federico II monarca assoluto
 
Bullet7blu.gif (869 byte) Considerazioni su Federico II
 Bullet7blu.gif (869 byte) Le lotte per la successione
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Bullet7blu.gif (869 byte) Leggende popolari/1
 
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 Bullet7blu.gif (869 byte) La scuola poetica siciliana
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    FEDERICO II
    E LA SICILIA SVEVA
  
    Fu chiamato
Stupor mundi,
   
la meraviglia del mondo e
    mirabjlis mutator,
colui che mutò
    mirabilmente le cose.
    E' Federico II e il Regno di Sicilia
 

Per saperne di più  

   
   
 
    La scuola poetica siciliana    
     
     

 
 
dal libro Falk imperatore Frederick II

 

 

Biblioteca pubblica e universitaria,
Ginevra.

 
 
 

 

 


da Wikimedia Commons

 

Alla corte palermitana di Federico II vennero accolti artisti e scienziati provenienti da tutta l'Italia. Vi erano matematici (il pisano Leonardo Fibonacci), naturalisti, astrologi come Michele Scoto, filosofi, medici, musici, teologi. Tra i letterati non mancarono i poeti che rivoluzionando la poesia, crearono modalità e regole, perseguite successivamente dai poeti di tutta l'Europa. L'esempio più eclatante è l'invenzione del sonetto, composto da due quartine e da due terzine. L'inventore fu Jacopo da Lentini, notaio alla corte di Federico II, vero caposcuola per l’abbondanza della sua produzione poetica. I poeti della "scuola siciliana" (la definizione si deve allo studioso tedesco Alfred Gaspary che nel 1874 pubblicò il volume La scuola poetica siciliana del tredicesimo secolo) nel decennio 1230-1240, furono i primi «trovatori» italiani, che nell'uso della lingua italiana si dimostrarono i primi letterati italiani. Lo stesso Dante, già nel 1304, ne indicò l'attività precorritrice nel suo trattato letterario intitolato De vulgari eloquentia. Tra le innovazioni vi è anche la scissione definitiva tra la poesia e la musica, perchè i versi non andavano più cantati (come ancora nella poesia stilnovistica) ma recitati, e l'ideale della perfezione stlistica e quello dell’amore «cortese», vero contenuto delle loro liriche.
Tra i componenti della "scuola" oltre a Federico II e ai suoi figli, Enzo re di Sardegna, e Federico d’Antiochia, si possono contare tra i siciliani: Jacopo da Lentini, Cielo d’Alcamo, i poeti messinesi, quali Guido e Oddo delle Colonne, Mazzeo di Rico, Stefano Protonotaro, Ruggeri d’ Amici, Tommaso di Sasso, Rinaldo d’Aquino e i poeti palermitani Ranieri e Ruggerone. Tra i poeti italiani che frequentarono la scuola poetica siciliana troviamo: il lombardo Inghilfredi, il romano Abate di Tivoli, Pier della Vigna di Capua e Giacomino Pugliese avellinese, i liguri Percivalle Doria e Paganino da Sarzana, il calabrese Folco Ruffo e i toscani Arrigo Testa, Compagnetto da Prato, e Jacopo Mostacci da Pisa.

Se la letteratura italiana nasce a Palermo, alla corte federiciana, testimoniato non solo da Dante, come abbiamo visto, ma anche dal Petrarca nel prologo delle
Epistolae Familiares, e nel Trionfo d’amore, proprio a causa della morte di Federico II nel 1250 e dai cambiamenti che ne seguirono, la letteratura si spostò in Toscana, acquisendo nomi del calibro di Dante, Petrarca e Boccaccio.

 
 
 

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