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Il teatro greco nella Sicilia classica

    IL TEATRO GRECO
Gli agoni dionisiaci
Il "canto del capro"
L'importanza della maschera
Eschilo, Sofocle ed Euripide
La commedia di Aristofane

Il teatro greco in Sicilia
Il teatro greco in Sicilia 2
    TEATRI SICILIANI
Il Teatro greco di Siracusa
Il Teatro greco-romano di Taormina
Il Teatro greco di Tindari
Il Teatro greco di Segesta
Il Teatro greco di Morgantina
Altri Teatri greci siciliani

Video sui Teatri greci in Sicilia
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IL TEATRO GRECO IN SICILIA

          Ogni anno nei principali teatri
    antichi siciliani, rivive il grande teatro
    greco, un usanza che unisce
    spettacolo, divertimento e cultura.
    In queste architetture affascinanti lo
    studio scolastico oltrepassa il tempo,
    ricongiungendosi, dopo secoli, all’arte
    drammatica di Euripide o di Sofocle.
    Sono esperienze che si devono fare
    almeno una volta nella vita…

   

    Gli agoni dionisiaci

     
     

 
   

Dioniso attorniato da satiri

Bibi Saint-Pol, - 25 maggio 2007
Foto da Wikimedia Commons

 





 Agli inizi il teatro greco si rifaceva, nei misteri di Eleusi, al culto di Osiride in Egitto, poi trasformitisi in ricorrenze del ciclo delle stagioni agresti. Successivamente presero piede le celebrazioni delle gesta di Dionisio, uomo-dio, messe in scena a ricordo e commemorazione del dio stesso. Esse, con una struttura elementare, consistevano in frenetici girotondi di satiri ubriachi ed osceni. Ad essi erano associati semplici canti corali.
Con la formazione di una lingua greca (grazie anche all’opera di Omero), fino a Solone, nel 594 a.C,  ai cori e le danze si unirono le rappresentazioni degli eroi e delle loro gesta memorabili.
Nella Grecia Antica alle feste rurali e locali, le Linee, dove si recitavano agoni drammatici, seguivano, in inverno, le feste Dionisiache, che per la loro importanza erano panelleniche. Dal V secolo a. C. dette feste raggiunsero l’importanza che conosciamo, riflessa nelle opere drammatiche giunte fino a noi.

L’”agonismo” degli Agoni Dionisiaci
Gli Agoni Dionisiaci furono istituiti, per quanto riguarda la Tragedia, a partire dal 534 a. C., e per la Commedia dal 486 a. C. Gli Agoni erano vere e proprie gare tra autori e opere drammatiche. Esse prendevano il nome dall’Arconte in carica, che aveva il compito di trovare i finanziatori della messa in scena di quell’anno. Egli nominava un "Corego" per poeta. Più era munifico il "Corego", migliore era la messa in scena, con più probabilità di vittoria. Naturalmente l’attribuzione dei finanziatori ai poeti avveniva tramite sorteggio, com’era comune nell’antica Grecia.
Il Poeta, contemporaneamente, era regista, compositore, coreografo e attore della propria tragedia.
I giudici deposti alla votazione finale delle opere, detti Kritai, venivano anch’essi sorteggiati in ragione di uno su dieci Demos, segnalati da ogni singola città. L’urna con i sorteggiati veniva custodita nel tempio di Dionisio, fino all’inizio dell’Agone. Aprire prima del tempo la famosa “busta” era sanzionato o con l’esilio o, addirittura, con la morte.

All’apertura della gara sacra veniva portato in teatro il simulacro di Dionisio Eleuterio, si aprivano le urne con i nomi dei Kritai e veniva letto il programma delle gare. A quel punto iniziavano i festeggiamenti in onore a Dioniso, ma fuori dal teatro. Erano seduti sulle prime file i notabili della città, con al centro il trono per il massimo sacerdote di Dioniso.
Da rispettare era inizialmente per i tragediografi la regola della trilogia: tre opere per tre argomenti sacri specifici, decisi per quell’agone. Col tempo, però, questa regola fu annullata in favore di una maggiore libertà degli autori. Fu deciso, altresì, la presentazione di un dramma satiresco in aggiunta: nacque, così, la tetralogia.
Inizialmente (nel V secolo a. C.) l'ordine di rappresentazione era prestabilito: si iniziava con un dramma satiresco, poi un’opera già conosciuta e infine quelle inedite. In epoca successiva vennero rappresentate solo quest’ultime.

All’inizio vi era un solo attore, che fu portato a due con Eschilo, e a tre con Sofocle. Seguentemente non variò più il numero degli attori. Essi erano il protagonista, il deutoragonista e il tritagonista. L’attore principale era il Protagonista che manteneva una posizione preminente sugli altri due e sul coro. Gli attori recitavano parti maschili e quelle femminili, e, tramite il cambiamento della maschera e l’aggiunta di un mantello, anche più di una parte.

La funzione del Coro non è da sottovalutare. Formato da coristi semi-professionisti, pagati dal Corego, esso poteva passare da quindici fino a cinquanta componenti (dipendeva, chiaramente, dalle elargizioni del finanziatore). La sua era una funzione cardine all’interno della Tragedia. Non solo interloquiva con il Protagonista, ma commentava i passi stessi del dramma, in tanti modi di riflettere l’azione: poteva, cioè, oltre che commentare, anche commuoversi, compatire o addolorarsi per le vicende. Non poteva, però, togliere al Protagonista le decisioni o il governo stesso dell’opera drammatica.

Il tempo teatrale della rappresentazione nel Teatro Greco collimava con la durata di una intera giornata, che a sua volta poteva corrispondere con il tempo narrato nel testo. Nell’Orestea di Eschilo, ad esempio, l’azione comincia all'alba concludendosi con il calare del giorno. 

 
 

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