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La pasta veniva fatta in casa dalle massaie
impastando la farina con acqua e sale nella maidda (contenitore
di legno di forma più o meno lunga ); successivamente, una volta dato il formato
desiderato, veniva messa ad essiccare all'aria aperta per evitare la fermentazione
appoggiandola su corde stese nei porticati e sul balconi.
Solo all'inizio del 1800 cominciarono ad apparire le
prime macchine semiautomatiche per fare la pasta e i centri più rinomati sorsero a
Napoli. In questa città si iniziò la
fabbricazione a carattere industriale con torchi a vite e verso il 1830 anche con gramole
e stanghe. Verso il 1870 vennero introdotti i
primi torchi idraulici e le impastatrici meccaniche che limitarono ormai l'intervento
dell'uomo alla sorveglianza dell'apparecchiatura ed a semplici operazioni manuali. Soltanto nel 1933 si giunse, grazie all'invenzione
dei fratelli Braibanti, industriali pastai italiani ad ottenere una macchina a ciclo
veramente completo, fornito di perfetta automazione.
Per la pasta cominciò così una vera era, di cui
comunque già si erano avute le prime avvisaglie quando, con l'emigrazione, i pastai
italiani avevano portato la loro arte in giro per il mondo.
Il pastore, invece, poiché trascorre diversi mesi
lontano da casa, non aveva la fortuna di trovare la sera, tornando a casa, il pasto caldo,
appena cucinato, perciò egli basa la propria alimentazione, povera di grassi e di
proteine, come quella del contadino, sul pane e cipolla, o formaggio, od olive, come,
d'altro canto, fa anche il contadino quando interrompe il lavoro per mangiare durante il
giorno.
Il mietitore, che svolge un lavoro stagionale legato
ai mesi estivi, a partire da giugno quando si da inizio al raccolto del grano, dopo aver
falciato le biade per ben quattordici ore sotto la sferza del sole, conclude la sua
giornata lavorativa con l'ultimo pasto, quello serale, composto da lasagne:
li lasagni. |
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