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Lui è il poeta della quotidianità che trasfigura la parola in una epifania, nella grande teofania del mistero. Grande il suo amore per la parola di cui sin dai tempi di “La barca” ne celebra la potenzialità con i suoi significati più contorti e reconditi. Parliamo di Pienza, di sacerdoti, e di Turoldo conosciuto da lui negli anni quaranta e da me poco prima che morisse quando venne a Messina. La sua fede, eredità trasmessa dalla madre lo spinge a vedere nella Tempesta il Figlio di Dio inchiodato alla sofferenza. Seduta sulla poltrona scrivo una poesia che gli dedico ed il suo gioioso sorriso mi appaga. -------- Ciao Mario, te ne sei andato in punta di piedi, lasciandomi orfana anche tu dopo papà. Solo domenica dicevi che non vedevi l’ora di farti delle passeggiate qui sulla riviera. E c’era Piggio che stava studiando delle tue poesie. Mi hai detto che non era il caso che mandassi altri biscotti o arance. Non vedevo l’ora di mostrarti la casa ristrutturata. Avevo già preparato la stanza per te. Ora restano solo i ricordi e la grande eredità d’affetti che con papà hai saputo lasciarmi. Volevo portarti a scuola per farti incontrare i miei alunni. Era più importante dell’entrare il prossimo 12 Marzo in Aula Magna col mio libro Blue-jay e quadrifogli pubblicato con una tua lettera e te a braccetto. Ciao Mario. Ora gli eterni concerti attendi con papà e gli amici ritrovati e so che mi sarai sempre accanto.
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