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  Memoria crepuscolare
 
Occorre formare una nuova sensibilità,
  per conservare non solo la memoria
  remota  ma anche quella recente.
 

Per saperne di più  

 
   
 
  La memoria crepuscolare    
     
Testo di Sergio Bertolami     

     
 
Baia di Nisporto

 

Marco Ferrero - Luglio 2007
 
 
 
 

da Wikimedia Commons

   
     

Continua Hobsbawm: «Quando ci occupiamo di epoche lontane, sappiamo di porci di fronte ad esse essenzialmente da estranei, dal di fuori; un po’ come antropologi occidentali che si accingono a studiare i montanari papua della Nuova Guinea. Se sono abbastanza lontani, geograficamente, cro­nologicamente o emotivamente, questi periodi sopravvivono a volte solo grazie alle inanimate reliquie dei morti: parole e simboli, manoscritti, stampati o intagliati; oggetti materiali, immagini».

Più guardiamo indietro nel tempo, più molte cose sono difficili da percepire, cosicché, per i più inesperti, il tempo presente influenza la lettura di quello passato, giacché spesso si tentati di rimodellare quanto accaduto in epoche lontane alla luce degli attuali termini di giudizio. In questo caso, indubbiamente, ne scaturisce una prospettiva di lettura limitata, piena d’alterazioni ed insidie.  Per meglio comprendere il passato facciamo ricorso ai consueti strumenti e materiali degli storici: le fonti cartacee di un archivio o di una biblioteca, ma anche molte altre fonti primarie. Letture ed analisi si moltiplicano, la letteratura scientifica ci viene in aiuto con il suo cumulo di dibattiti e divergenze, scaturite in virtù delle mode di una società, degli interessi degli studiosi, dei criteri interpretativi.  Una cosa è certa: anche per coloro, che leggono o giudicano i nostri  studi, il passato remoto «è terra straniera».

Quando gli storici si occupano invece di quella parte di storia che abbiamo chiamato “crepuscolare” essi affrontano un’epoca di cui sopravvivono testimoni oculari. Entrano in gioco – si scontrano o si integrano – pertanto, due visioni storiche molto diverse fra loro: quella dello studioso, e quella esistenziale; la memoria d’archivio e quella personale.

Consideriamo, infatti, che ognuno di noi è uno “storico” (le virgolette ci paiono d’obbligo) del proprio vissuto cosciente, legato al personale percorso esistenziale. Siamo tuttavia “storici poco attendibili”. Un esempio evidente è quello della “ricerca orale”: l’intervistatore, generalmente, possiede più informazioni – tratte da pubblicazioni e documenti d’archivio – di quante la “fonte viva”, cioè l’intervistato, sia in grado di attingere dalla propria memoria, sempre più labile ogni giorno che passa. Ciò nonostante, il rischio per il ricercatore è di fraintendere le informazioni, scritte od orali, reperite. A differenza dello storico del medioevo, lo storico dell’età contemporanea può essere corretto da chi, ricordando, scuote la testa e gli dice: «Ma non era mica così».

Commenta Hobsbawm: «Entrambe le versioni storiche, che in questo caso si con­trappongono sono, ognuna a suo modo, ricostruzioni coerenti del passato, consapevolmente ritenute tali e almeno potenzial­mente suscettibili di definizione». La storia desunta della “zona crepuscolare” è, comprensibilmente, diversa. «È di per sé un immagine incoerente, solo parzialmente percepita del passato; a volte confusa, a volte apparentemente precisa, sempre trasmessa grazie a un misto di cose apprese sui libri e di memoria di seconda mano modellata dalla tradizione pubblica e privata. Perché è ancora parte di noi, ma non più interamente alla nostra portata. Somiglia in certo modo a quelle antiche mappe variopinte, piene di dubbi confini territoriali e di spazi bianchi, con ai margini segni simbolici e mostri».

 

 
 
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