2/3
     
  Tradizioni culinarie
 
Oggi si servono all’inizio del pasto,
  ma non è sempre stato così...
 

Per saperne di più  

 
   
 
  Antipasti appetitosi    
     
Testo di Rosa Maria Manuli    

     

Durante il periodo romano i signori, nelle loro lussuose residenze – come la villa del Casale a Piazza Armerina o del Tellaro nei pressi di Noto marina –  imbandivano cene spettacolari. Comodamente sdraiati su triclini, in un tripudio di suoni e danze, gustavano una successione di vivande.

Petronio nel Satiricon designa con il termine “gustatio” la serie di antipasti proposti durante la cena offerta da Trimalcione, che si apriva con uno spettacolare ”asinello di bronzo le cui bisacce erano piene di olive bianche e nere”.

Più tardi in epoca barocca, in Francia e in Spagna, paesi che hanno notevolmente influenzato la cucina isolana, al termine antipasto si attribuisce un significato di contrapposizione, cioè fuori dall’opera (hors-d’oeuvre) o di intermezzo (entremès).

Proprio in posizione intermedia l’antipasto è presente tra le vivande che compongono il pranzo del Corpus Domini del 1790 nel Convento dei Benedettini di Catania. Si tratta di una “imbanata di pasta di Napoli e prosciutto” collocata tra una minestra di cous cous e un arrosto.

Risale invece al giugno del 1711 la descrizione di un antipasto offerto a Padre Labat, giunto a Messina durante il suo viaggio in Italia. Invitato alla tavola dei Domenicani di S. Girolamo, durante la domenica, così descrive le prelibatezze che furono servite: “come antipasto due cipolle bianche di buone dimensioni con salsa allo zafferano. Ne aprii una e la trovai piena di un tritato di carne con pinoli, uva di Corinto, coriandolo e buccia di limone candita”.

 

 
 
   Previous

Next

 

HOME