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Giuseppe Pitrè
Giuseppe Pitré (Palermo, 21
dicembre 1841
– Palermo, 10
aprile 1916)
è stato uno
scrittore,
letterato e
antropologo
italiano.
È noto principalmente per il suo lavoro nell'ambito del
folklore regionale.
A Giuseppe Pitrè, il più importante raccoglitore e studioso di
tradizioni popolari, la Sicilia deve essere grata perché – come ha
sottolineato
Giuseppe Cocchiara, già preside della Facoltà di Lettere a
Palermo – la sua opera monumentale resta pietra miliare per la
ricchezza e la vastità d'informazioni nel campo del folklore, in cui
nessuno ha raccolto “come e quanto” lo scrittore palermitano.
Egli anzi, nella seconda metà dell'Ottocento, ha tracciato la via ad
altri come
Salvatore Salomone Marino e
accolto nel suo tempo consensi vivissimi tra cui quelli di
Luigi Capuana, che trovò materiale per le fiabe nel suo
repertorio,
Giovanni Verga, che trasse anche ispirazione per le “tinte
schiette” e particolari usanze del suo mondo di umili e perfino
per argomenti specifici d'alcune novelle come Guerra di Santi,
dalla preziosa documentazione a cui Pitrè lavorò tutta la vita.
Giuseppe Pitrè nacque a Palermo il 21 dicembre 1841 ed ivi morì
il primo aprile 1916. Come il conterraneo abate
Giovanni Meli, divenne medico di professione e venne, grazie ad
essa, a contatto con i ceti più umili e col mondo dei marinai e dei
contadini tra cui spinto da passioni per gli studi storici e
filologici raccolse per prima i Canti popolari siciliani
attinti anche dalla voce della madre che egli dice “era la mia
Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane”, dedicandole
appunto la sua prima opera. Questa sua fatica confluì nei due volumi
tra il ‘70 e il '71 di quella
Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane, pubblicata
in venticinque volumi fra il 1871 e il 1913, comprendente nelle sue
sezioni oltre ai canti, d'amore, di protesta, legati alle stagioni e
culture, giochi, proverbi, motti e scongiuri, indovinelli, fiabe,
spettacoli, feste, medicina popolare, leggende, cartelli,
Pasquinate, Usi nuziali e lo specchio del costume nella famiglia,
nella casa, nella vita del popolo siciliano.
Come sostiene il Cocchiara, l'opera del Pitrè presenta due
aspetti, uno storico e l'altro poetico, rivelando “un'umanità
viva e vibrante” per cui egli era convinto che era giunto il
tempo di studiare con amore e pazienza le memorie e le tradizioni,
per custodirle. Da questo nacque anche la creazione del
Museo Etnografico, dove raccogliere tutti i materiali e gli
oggetti pazientemente ricercati per la Sicilia, che oggi porta il
suo nome, ed è ospitato nelle ex-stalle della palazzina cinese,
all'interno del Parco della Favorita.
Nel
1910 fu chiamato ad insegnare demopsicologia (come lui era
solito chiamare il folklore), quando già aveva acquistato fama e
apprezzamenti nell'élite culturale del tempo. Già nel 1894 aveva,
infatti, pubblicato la Bibliografia delle tradizioni popolari in
Italia, intrattenendo rapporti con i più importanti studiosi
specialmente della scuola toscana.
Instancabile studioso, innamorato della sua terra, scrisse anche
Palermo cento e più anni fa, prezioso ed introvabile volume,
e saggi su Meli, su
Goethe a Palermo, sulla
Divina Commedia, raccogliendo anche novelle popolari
toscane.
Collaborò proficuamente con
Salvatore Salomone Marino,
col quale fondò nel
1880, diringendola fino al
1906, la più importante rivista di studi sul folklore del tempo,
Archivio per lo studio delle tradizioni popolari, ed
intrattenne una fitta corrispondenza con studiosi di tutto il mondo.
Queste lettere sono oggi conservate in una sezione del museo
etnografico di Palermo e ad esse continuano a rivolgere attenzione
come fonti preziose gli studiosi contemporanei d'antropologia tra
cui
Antonino Buttitta.
Per i suoi meriti e la sua fama fu nominato Senatore del Regno il
30 dicembre del
1914, quando anche in
America venivano tradotte e pubblicate le sue opere per le
Edizioni Crane, specialmente i proverbi e le fiabe, la cui radice
comune a tanti popoli egli aveva esaltato rivendicando in una
lettera ad
Ernesto Monaci la loro
ricchezza linguistica con queste parole: "Che bellezza, amico
mio! Bisogna capire e sentire il dialetto siciliano per capire e
sentire la squisitezza delle fiabe che sono riuscito a cogliere di
bocca ad una tra le mie varie narratrici”.
Altrettanto belle le pagine dedicate alle storie dì
Giufà personaggio della tradizione popolare e alle feste
popolari siciliane di cui piene di poesia sono quelle del Natale e
dei Morti.
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