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  San Filippo di Fragalà
 
E' senza dubbio una testimonianza
  tangibile di quanto ricca di storia
  sia la nostra terra.
 

Per saperne di più  

 
   
 
  San Filippo di Fragalà    
     
Testo di  Pina Carrabotta e Patrizia Conti Nibali    

 
 
San Filippo di Fragalà

 

Enzian44 - 3 Ottobre 2007






 
da Wikimedia Commons
 

Arrampicandosi per una strada di montagna, a poco a poco si svelano fra la fitta macchie mediterranee i pilastri di cotto, le absidi, la cupola di un maestoso complesso architettonico, si tratta di un’abbazia basiliana di rito greco cioè  S. Filippo di Fragalà o di “Demenna”. Il cenobio si erge su un ripiano aperto a pochi chilometri da Frazzanò da cui si domina tutta la valle, da “le rocche del Castro” al “bosco di Mangalavite” tutte antiche pertinenze del monastero.

Secondo la tradizione orale, il convento sarebbe stato fondato nel 495 da S. Calogero di Calcedonia in realtà fu proprio durante l’impero bizantino, in continuo conflitto col papato, che fu agevolata , per scopi politici, la fondazione in Itali di numerosi metochi con monaci greci dipendenti dal Patriarcato di Bisanzio. I monaci nelle loro pratiche religiose s’ispiravano agli insegnamenti e precetti di S. Basilio, senza però che questi si strutturassero in una vera e propria regola scritta.

Il convento riuscì a resistere alla dominazione araba, tant'è che lo Scaduto, parlando dei monasteri della zona del Valdemone, afferma: “quando i normanni entrarono in Sicilia…nel Valdemone…restavano ancora in piedi S. Angelo di Brolo,   San Filippo …”

Importanti notizie storiche ci sono fornite da una serie di pergamene che il monastero ha custodito per vari secoli e oggi conservate presso l’Archivio di Stato di Palermo, questi documenti riguardano registrazioni di donazioni di terreni attuate dalla corte o da funzionari normanni, privilegi o conferme di essi indispensabili per la ricostruzione socio-economica del monastero.

Alcune pergamene, come l’atto di donazione del conte Ruggero, sono andate perdute, ma per fortuna altre si sono conservate, i come i testamenti del primo abate, Gregorio, che ci danno  la possibilità di tracciare un quadro abbastanza esaustivo su quella che doveva essere la vita e la gestione dell’abbazia, sulle proprietà del cenobio e sui ricorrenti dissidi col Vescovo.

Gregorio scrisse tre testamenti tra il 1096 e il 1105, l’abate dichiara di essere entrato da giovane nel monastero, quando la Sicilia era sotto il dominio saraceno, donando ad esso tutti i suoi beni, ciò dimostra che nonostante la dura oppressione esercitata gli arabi consentivano alla chiesa bizantina la conservazione e l’accrescimento di alcuni dei propri beni patrimoniali. L’ultima parte dei primi due testamenti è riservata ai ringraziamenti al conte Ruggero, ai funzionari normanni e alla contessa Adelasia per l’opera da questi compiuta.

 

 
 
   

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