COMUNE DI

P
ATTI (ME)

 
 
 
     
 

Gli scavi della Villa romana di Patti

 
     
 

Clemensfranz - 4 Giugno 2006

 
     
     
     
   
 
 
  da Wikimedia Commons  
     


Cittadina (Comune di 50.14 Km2 con 12500 abitanti), 75 Km a Sud-Ovest del capoluogo, a 157 metri s.l.m. sorge, nel mezzo dei promontori di Calavà e di Oliveri, su di un colle, che domina il golfo omonimo, posto sulle pendici settentrionali delle Caronie, ricche di vegetazione.

L’economia è sostenuta da attività agricola e dalle relative industrie di trasformazione. Nel territorio sono presenti anche industrie meccaniche, del legno. Marina di Patti è centro peschereccio. In espansione il turismo balneare.

Dintorni di interesse.

  • Patti Marina, borgata marittima con bella spiaggia;

  • Tindari centro turistico che sorge nei pressi dell’antica Tyndaris. Sono notevoli i resti dei Teatro Greco, della basilica e delle mura, interessante il Museo.Annualmente si svolgono nel Teatro Greco recite classiche e balletti.

  • Ai piedi del promontorio di Tindari sono caratteristici i leghetti detti ‘mare morto’, interessanti sia per la loro bellezza paesaggistica, ma anche per alcune rare varietà di fauna marina.

 

    Patti    
   

HOTELS
AFFITTACAMERE

Notizie storiche Beni monumentali

Sembra che abbia assunto il nome dai patti stipulati con Messina.

Molto probabilmente il primo nucleo del Centro si è costituito per via di un castello a difesa del territorio dell’antica città di Tindari e si è quindi accresciuto dopo la rovina di questa. Antica è dunque la sua origine, visto che Plinio parla della caduta di Tindari avvenuta sotto l’imperatore Traiano.

Non si hanno più notizie fino al 1091, quando il borgo è citato nei libri regi.

Nel 1094 il Conte Ruggero d’Altavilla fonda un monastero benedettino al quale concede la città stessa, gli abitati dei sobborghi ed i latifondi. Accanto al monastero è la cattedrale dove vi sono sepolte le spoglie di Adelasia, ultima consorte del Conte Ruggero, madre del conte Simone e del re Ruggero II, sua tutrice. Andata sposa in seconde nozze a Baldovino re di Gerusalemme, ripudiata da quest’ultimo, si ritira a Patti dove muore nel 1118.

Nel 1394 il Papa Bonifacio IX la nomina sede vescovile autonoma rispetto alla Chiesa di Lipari.

Il borgo si sviluppa economicamente, ma sotto gli Aragonesi la città, si allea con gli Angioini di Luigi re di Napoli. Pertanto, a causa del tradimento e della fedeltà agli Angioini, Patti, è stretta d’assedio. Stremata, decide di "sollevare le bandiere" di Federico II d’Aragona e di riumirsi nuovamente a lui. Tuttavia, nonostante la resa, non riesce ad evitare il conseguente saccheggio, l’incendio, e la distruzione ad opera delle truppe di Federico.

Patti ricostituisce le sue difese militari e si dota di mura ben alte con torri poste ad intervalli regolari e cinque porte. L’economia si riprende e si sviluppa.

Nel Cinquecento la città è travagliata da pestilenze; gli abitanti chiedono l’intercessione di S.Febronia e prodigiosamente il morbo cessa. Da allora, con ferventissimo impegno, S. Febronia è celebrata quale patrona del paese.

Nello stesso secolo XVI, il Centro e il suo territorio vengono saccheggiati ed incendiati dal pirata turco kair-ed Din (Ariadeno) Barbarossa, che, impegnato nell’assedio di Lipari, invade la terraferma con i suoi barbari sbarcati da ben trenta triremi.

La città subisce quindi il suo secondo contraccolpo, questa volta molto notevole se, come afferma Vito Amico, rimarrà fino ai suoi tempi spopolata, nonostante il ritorno dei profughi.

Nel 1655 Ascanio Ansalone, Reggente nel Consiglio d’Italia, decide di acquistare la città, versando il prezzo nel regio erario; tuttavia i cittadini, raccolta fra loro la somma necessaria, e versatala ad Ansalone, fanno sì che Patti rimanga nel demanio regio. A proteggere questi loro sforzi di autonomia rispetto alla feudalità è l’impegno del Vescovo di Patti, Francesco Amico.

Nel 1669 fanno voto di ringraziamento, consegnando le chiavi della città alla Madonna Nera del Tindari, voto che ancora oggi rinnova, ogni anno, ad Aprile.

Patti centro. Cattedrale,
Chiesa S. Michele Arcangelo,
Chiesa S. Chiara,
Chiesa S. Maria dei Greci,
Chiesa Madre,
Chiesa S. Michele, Chiesa S. Ippolito, Parrocchia S. Nicola, Chiesa Sacra Famiglia,
Scalinata.

Patti centro.
Museo Diocesiano.

Patti Marina.
Chiesa S. Caterina.

Tindari.
Antiquarium Soprintendenza.

 

ITINERARI CONSIGLIATI

La Villa romana.
Scoperta durante i lavori dell’Autostrada Messina-Palermo, è venuta alla luce una Villa romana di età tardo imperiale. Il suo massimo splendore è avvenuto tra il IV e il V secolo d.C. Interessante l’impianto dell’edificio principale, che si distribuisce intorno ad un peristilio. Due grandi sale sono pavimentate a mosaico con figure e composizioni geometriche, che denotano una influenza africana. La presenza del complesso termale testimonia il livello sociale dei proprietari, probabilmente un ricco e titolato latifondista romano. La villa è stata abitata fino al secolo XI.

L’area di circa 20.000 metri quadrati si amplierà ancora, giacché la soprintendenza di Messina sta continuando i suoi studi. In base alla mancanza di reperti artistici e di uso domestico, si ipotizza che gli abitanti della villa l’abbiano abbandonata prima del crollo sesseguante ad una scossa sismica. I pochi oggetti sono conservati nell’Antiquarium posto all’ingresso degli scavi. Per importanza documentaria questa villa può essere paragonata a quella di Piazza Armerina o quella del Tellaro nei pressi di Noto.

TINDARI

(frazione di Patti), su di un promontorio che si affaccia sul mare a 230 metri di altitudine.

Nel territorio di Tindari si sono rinvenuti insediamenti umani risalenti tra il secolo XIX e il XIV a.C., cioè dell’età del bronzo e del ferro, la cui cultura è stata ritenuta talmente evoluta da denominare un periodo di sviluppo denominato "facies di Rodi, Tindari e Vallelunga".

La posizione dell’attuale centro sorge poco distante dai resti archeologici dell’antica Tyndaris, fondata nel 396 a.C. dai Siracusani di Dionigi il Vecchio, dopo avere battuto i Cartaginesi. Una versione di poco differente sull’origine di Tindari ( che denomina Tindaride) la riporta Diodoro. Essa sarebbe stata fondata da una colonia di Messeni. Questi provenivano dalla Laconia, regione del Peloponneso, esuli in seghito alla guerra fra Sparta (capitale della Laconia) e Siracusa. I Laconi si collocarono a Zancle, ma successivamente si spinsero ad abitare un territorio verso il mare nei pressi di Abaceno. Qui fondarono Tindaride, racconta Diodoro, amministrando pacificamente la repubbica e accrescendo le loro sostanze con alleanze commerciali con altre popolazioni.

Il Centro sarebe stato denominato Tyndaris o Tindaride in onore dei Dioscuri, Castore e Polluce. Infatti la leggenda vuole che il fondatore sia stato Tindaro, padre di Leda che fecondata da Giove dette alla luce Elena e i due Dioscuri.

La città diviene famosa ed opulenta. Il suo territorio comprendeva anche una parte della città di Abaceno, alleata dei Cartaginesi. Tindari è stata alleata, prima dei Siracusani e poi nel 254 a.C dei Romani. Quindi fu sempre acerrima nemica dei Cartaginesi. Aveva un tempio ed un ginnasio dedicato a Mercurio, con una bellissima statua del Dio, che venne sottratta dai Cartaginesi. Partecipò alla spedizione africana, fornendo navi. Quando Emilio Scipione, distrusse Cartagine nel 146 a.C., la città venne premiata con privilegi e donazioni. Fra queste donazioni, la statua di Mercurio, venne restituita agli abitanti di Tindari, che con grande gioia la ricollocarono nell’antica sede.

Nella piazza centrale si scorgeva una statua equestre di M.Marcello.

L’ingordo Verre incappò in una vicenda legata ad una statua di Mercurio, che trasferì a Messina, per arricchire la propria collezione privata. Non bastò il sopruso, perché fece anche bastonare il magistrato che si opponeva all’atto illegale. La popolazione reclamò allora direttamente a Roma, chiamando Cicerone quale difensore pubblico, che pronunciò contro Verre una delle sue orazioni più famose, tanto che questi fu costretto, per sentenza del senato a lasciare la carica di pretore.

Imperversando la guerra civile fra Ottaviano e Pompeo, la città si schierò con Sesto Pompeo. Si strinse nel 36 a.C. ad Agrippa che conquistò la città e la trasformò in colonia imperiale.

Una leggenda racconta che battendo e corrodendo le onde la base della rupe sulla quale sorgeva l’antica città, una parte di questa rovinò a mare, a causa del terremoto che si scatenò alla morte di Cristo. Della frana che distrusse parte del paese parla anche Plinio il Vecchio e la colloca alla fine del I secolo a.C., da qui la leggenda. Dopo la frana il terremoto del 365 d.C. La distruzione totale avviene ad opera degli Arabi.

Con l’avvento del Cristianesimo Tindari (nel territorio di Patti) è onorata della dignità vescovile. Sotto Federico III furono signori di Tindari Vinciguerra Aragona, suo figlio Bartolomeo, Federico Aragona. Da allora la fama di Tindari viene meno. Viene costruita la Chiesa dedicata alla Beata Vergine, nei pressi dell’antica fortezza e l’oratorio di S. Filippo Neri. Viene edificato un convento di Minori Osservanti, che in seguito è abbandonato.

A Tindari si venera, da parte degli abitanti ma anche da parte di pellegrini che giungono dai paesi lontani della provincia e da ogni parte d’Italia, la statua della Beata Vergine. Scrive Vito Amico: "i quadretti votivi che le fanno corona, rendono evidente testimonio dei benefici largiti dalla pietosa Madre". La ricorrenza festiva si celebra annualmente il giorno 8 di settembre. L’effige della Madonna Nera è conservata oggi nel grandioso Santuario della Vergine, che ingloba anche l’antica Chiesa. La statua è opera bizantina e sarebbe approdata sulle coste di Tindari proveniente miracolosamente per mare dall’Oriente. Al Santuario è annessa una accogliente Casa per i pellegrini.