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Nauloco, la polis che manca all’appello

Alla ricerca di Nauloco
Inquadramento storico degli avvenimenti
La battaglia di Nauloco

LA RIVIERA TIRRENICA
Villafranca Tirrena
Il Santuario Ecce Homo di Calvaruso
Rometta, l'ultimo baluardo
Spadafora ed il castello Samonà
Venetico ed il Volto Santo
Scala e la Torregrotta dei benedettini
Fondachello, Valdina e Roccavaldina
Monforte e San Pier Niceto
Pace del Mela e Giammoro

Video sulla Riviera tirrenica
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NAULOCO E LA RIVIERA TIRRENICA

          La città di Nauloco, antica polis
    greco-romana, è famosa perchè
    nel suo mare avvenne la battaglia
    navale tra Pompeo ed Ottaviano,
    notizia riportata da diversi storici
    romani. Era localizzata sulla riviera
    tirrenica vicino Messina. Purtroppo,
    essa è scomparsa del tutto e ancora
    introvabile. Ma ci si può sempre
    consolare sulle belle spiagge delle
    cittadine sorte poi sulla riviera.

   

    Scala e la Torregrotta
    dei benedettini

     
     

 

 
 

L'arco merlato secentesco di via Mezzasalma a Torregrotta

 

Alphacentauri2007 -  
Foto da Wikimedia Commons

 







 Il più piccolo comune della valle del Niceto è senz’altro quello di Valdina, con i suoi 2,75 kmq. Subito dopo viene quello di Torregrotta, con 4,22 kmq. Sono tra i comuni più piccoli anche dell’intera provincia. Eppure il suo abitato conta circa 7.500 persone. Il centro comunale si sviluppa da est ad ovest senza soluzione di continuità. La sua frazione marina è denominata Scala e si svolge lungo la statale, che attraversa i comuni e le loro frazioni poste sul mare.
Il suo territorio  è al 70 % pianeggiante, con dei rilievi a sud molto contenuti. Il punto più alto raggiunge, infatti, solo i 193 m s.l.m. L’altezza media dell’abitato è solo di 44 m s.l.m. Il piccolo comune ha l’aspetto di un rettangolo, ed è delimitato da numerosi torrenti, quali Il Caracciolo , Sottocatena, Bagheria e Lavina. A nord, ovviamente, possiede delle spiagge sul Mar Tirreno. Queste ultime sono basse e sabbiose.
All’interno del perimetro comunale vi sono diverse cave d’argilla (come altri paesi limitrofi), che hanno rifornito di materiale le varie industrie dei laterizi, presenti nella zona.


Tra i resti archeologici di Torregrotta, vi è la cosiddetta
Torre del Castrum. Anch’essa è una costruzione difensiva, voluta, però, da Carlo V. Essa, infatti, fu edificata tra il XVI e il XVII secolo. L’imperatore con la sua costruzione voleva proteggere il Casale di Santa Maria della Scala, allora feudo.
Tra i resti più eclatanti della costruzione di allora vi è, in particolar modo, l’Arco merlato, cioè uno degli ingressi al Castrum. E’ una porta ad arco a tutto sesto, che possiede superiormente una merlatura ghibellina. In effetti, la porta potrebbe non essere stata costruita subito, ma nel 1650, da come si desume da dei numeri incisi nella parte interna. L’arco si trova sulla via Mezzasalma, così come un altro tra i resti archeologici ritrovati. E’ databile alla seconda metà del Cinquecento. Si tratta dello Stemma mobiliare della famiglia Valdina. Esso è costituito da uno scudo inquartato, tipico della Sicilia, su di una lastra di marmo bianco. Poiché questa è collocata su di un muro, gli storici ipotizzano fosse posta su un palazzo cinquecentesco, poi distrutto. Uno stemma simile si trova sulla tomba di Andrea Valdina, all’interno della chiesa principale di Roccavaldina.


Tra i monumenti di tipo religioso, da annotare è la Chiesa di Santa Maria della Scala, a cui da tempo il popolo di Torregrotta è devoto. Si presuppone quindi l’esistenza di altre chiese nel passato. Attualmente, sorge sull’omonima piazza, ed è stata aperta al culto nel 1976.
Destino simile ha avuto la Chiesa di San Paolino Vescovo. Fu aperta nel 1943. Essa sorge, comunque, sulle macerie di un’altra chiesa dedicata sempre a San Paolimo e, precedentemente,
a  Maria SS. della Pietà. Nella chiesa è, oggi, contenuto un quadro effigiante la Deposizione di Cristo dalla Croce, che risale al 1671. Proveniente dalla chiesa originaria, esso era collocato dietro l’altare. La Chiesa di San Paolino è stata oggetto di ristrutturazione. Nel 2010, è stata aggiunta sul prospetto principale una vetrata raffigurante San Paolino.

Cenni storici
Non essendoci stati, almeno per adesso, ritrovamenti archeologici importanti nell’area di Torregrotta, non si hanno testimonianze di tutto il periodo classico. La cosa è alquanto strana, perché la fertilità della pianura, copiosamente irrigabile dall’acqua del Niceto, presupporrebbe la presenza di insediamenti, già a partire dal periodo sicano. Vi erano comunque piccoli villaggi agricoli, in epoca ellenica e romana, così ritengono gli storici.
Nella zona, alla caduta dell’impero, imperversarono gli Ostrogoti, almeno fino all’arrivo dei Bizantini. Sotto questa dominazione sorse un piccolo villaggio chiamato Casale del Conte, che però fu distrutto successivamente, nell’anno 870, dai pirati Saraceni. In epoca araba, a Torregrotta si preferì un nuovo insediamento, collocato in quella che oggi è la contrada Radali. E’ solo in periodo normanno che l’abitato di Torregrotta prese corpo. Nel 1168, infatti, il re normanno Guglielmo II, unitamente a sua madre, Margherita di Navarra, concessero al monastero messinese di Santa Maria della Scala un feudo, che verrà chiamato proprio feudo di Santa Maria della Scala, il cui territorio comprendeva la zona di Torregrotta e parte di quella di Valdina. Nasce in quest’epoca il grande attaccamento dei torresi a Santa Maria della Scala.

Per lungo tempo, sotto i re normanni, ma anche dello svevo Federico II, la proprietà del monastero benedettino non fu messa in discussione. Quando del feudo s’impossessò il giudice di Messina
Afranione de Porta,  e poi di altri, una sentenza del legato pontificio siciliano, nel 1267, rimise le cose a posto. Intanto a partire dal Trecento vennero creati nella zona più feudi. Federico III creò il feudo di Rocca (oggi Roccavaldina). Poi fu inserito il feudo Scala. Ma a parte le soluzioni amministrative dell’area, i problemi, purtroppo, erano altri. Dall’epidemia di peste del 1347 e successive, il Casale si spopolò materialmente, tanto che l’imperatore Carlo V, nel 1526, fu costretto ad emanare una Licentia populandi, per ripopolare la terra torrese. Fu proprio questa decisione che fece rinascere il territorio del Casale. Più persone volle dire migliore situazione economica. Si iniziò di conseguenza a costruire il centro storico cinquecentesco della cittadina. Quando i benedettini incaricarono un laico per l’amministrazione del feudo, anche l’abitato fu denominato diversamente. Dapprima il nome fu semplicemente Torre, per poi divenire Torregrotta.
Sempre nel Cinquecento (1509), il feudo limitrofo a quello
di Santa Maria della Scala, cioè il feudo di Rocca, fu acquistato dalla famiglia Valdina, che lo mantenne fino alla metà del XVIII secolo. Il nome del feudo divenne, ovviamente quello del comune attuale, cioè Roccavaldina. La saggia amministrazione della famiglia diede un forte impulso all’economia della zona. Oltre a commercio e artigianato, si ebbe un deciso sviluppo dell’attività agricola. Ala forte produzione di olio e vino, si associò l’allevamento dei bachi da seta. Da questi ultimi derivò l’esportazione della seta un po’ ovunque, Con lo sviluppo economico Roccavaldina e Torregrotta conobbero il loro periodo d’oro, propriamente il XVII e XVIII secolo.

 
 

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